Archivi mensili: Maggio 2020


PENTECOSTE

Lo Spirito Santo è l’ Amore di Dio che ci avvolge;

è come l’aria che respiriamo.

Sabato 30 maggio ore 10: In Cattedrale celebriamo la Messa crismale, recuperando il Giovedi Santo.

Domenica 31 Maggio: Collegiata: SS. Messe ore 10 – 11.30 – 18.30.

ore 21: (Area verde di via Quasimodo-Figuretta)

ore 21.30: S. Messa


dal 18 Maggio 2020

Le regole per la celebrazione delle Messe in presenza dei fedeli

Il protocollo tra CEI e Governo, in vigore lunedì 18 maggio 2020, presenta misure di sicurezza riguardanti chiese, accessi e liturgia.

In Collegiata potranno entrare 72 persone: Ingresso dal fondo, uscita dalla porta lato Cripta. Sui banchi siedono due persone. Le famiglie possono stare nello stesso banco con i figli. Sul coro ci si siede a posti alterni (uno sì, uno no).C

L’accesso alla chiesa è individuale, ovvero non ci devono essere assembramenti sia nell’ edificio che negli spazi annessi, come il sagrato e le sacrestie. Le persone devono quindi stare sempre a un metro di distanza minima tra loro e, per questo, il parroco deve valutare la capienza massima del luogo. All’ ingresso della chiesa, dei volontari o collaboratori, che devono indossare dispositivi di protezione individuale, guanti monouso e un evidente segno di riconoscimento, vigilano sull’ ordine, sull’ uso delle mascherine (senza valvola) e sul numero massimo di persone consentite. Si invitano i fedeli ad arrivare ordinatamente, mettersi in fila a un metro e mezzo di distanza, le porte vanno tenute aperte in fase di entrata e uscita e vanno resi disponibili liquidi igienizzanti. Non è consentito l’accesso alla messa nel caso in cui il fedele abbia sintomi influenzali o respiratori, febbre pari o superiore ai 37,5°C o sia stato in contatto con persone positive al Covid-19 nei giorni precedenti. Per quanto possibile, va previsto un luogo apposito per la partecipazione delle persone disabili.

La chiesa e la sagrestia vanno igienizzate al termine di ogni celebrazione mediante la pulizia delle superfici con idonei detergenti ad azione antisettica, favorendo anche il ricambio dell’aria. I vasi sacri, le ampolline, i microfoni e gli altri oggetti utilizzati durante la messa sono da disinfettare accuratamente. Le acquasantiere devono rimanere sempre vuote.

I concelebranti sono tenuti al rispetto della distanza di un metro anche nel presbiterio, come i fedeli nelle panche, dove non vanno lasciati sussidi per i canti o di altri tipo. Lo scambio del segno di pace va completamente omesso, mentre la distribuzione della comunione deve essere fatta dal sacerdote con guanti monouso e mascherina che copra naso e bocca, mantenendo un’adeguata distanza di sicurezza e offrendo l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli. Le offerte non vanno raccolte durante la celebrazione, ma attraverso appositi contenitori da collocare all’ingresso o in un altro spazio idoneo. Può essere presente un organista, ma non un coro. Queste disposizioni valgono anche in caso di battesimo, matrimonio, unzione degli infermi ed esequie (la confermazione è rinviata). Il sacramento della penitenza deve essere amministrato in locali ampi e aerati che garantiscano la distanza e la riservatezza, con il sacerdote e il fedele che indossano sempre la mascherina.

Ogni parroco deve diffondere nella propria comunità il contenuto del protocollo e all’ingresso di ogni chiesa va affisso un manifesto con le regole essenziali, tra le quali sono indispensabili: il numero massimo di partecipanti; il divieto di ingresso per chi ha i sintomi indicati o è stato in contatto con persone positive al coronavirus; gli obblighi della distanza di sicurezza, dell’igienizzazione delle mani e della mascherina. Si suggerisce poi che, in caso di luogo di culto non idoneo al rispetto di tutte queste indicazioni, si può valutare di celebrare la messa all’aperto, assicurandone la dignità e comunque il rispetto delle disposizioni sanitarie. Si ricorda infine che per motivi di età e salute c’è la dispensa dal precetto festivo e, per andare incontro a chi non può partecipare, si favoriscono le trasmissioni delle celebrazioni in modalità streaming.


Festa dei Santi Patroni e Lampada per la Pace: Castelfidardo 14 maggio 2020

               Nel 2004 abbiamo acceso insieme la  Lampada per la Pace

                  accanto alla cara immagine della Madonna di Fatima,

con l’impegno di accogliere, custodire e costruire insieme questo Dono di Dio per tutti.

La pandemia del COVID 19 ci obbliga a cambiare quest’anno i tempi e i modi della celebrazione: In Collegiata entra un solo rappresentante delle Associazioni,Confraternite,Movimenti, Gruppi, Comitati, con il proprio stendardo.

Tutti potranno seguire in diretta streaming dalle proprie abitazioni.

                  La Pace e la salute dell’anima e del corpo sono dono di Dio:

-da invocare con la preghiera,

-da custodire con sapienza e prudenza,

-da costruire con la conversione della mente, del cuore, e della vita.

  giovedi 14 MAGGIO 2020 ore 10.30:Collegiata S. Stefano

                                       Programma:

 ORE 10.30  Intorno al Civico Gonfalone e gli Stendardi delle Associazioni                                                                                                                                                                   rinnoviamo la LAMPADA PER LA PACE DI CASTELFIDARDO 

                  con   l’Arcivescovo Angelo Spina e il Sindaco Roberto Ascani,

                                  PREGHIERA PER LA PACE

               Concelebrazione eucaristica delle quattro Parrocchie

                               Presiede il Vescovo e Pastore Angelo

  Saluto del Sindaco alla Città di Castelfidardo                                

 Benedizione solenne con le reliquie dei santi Patroni alla Città, davanti al portale della  Collegiata

 Dio ci benedica e ci protegga, per intercessione di Maria Regina della Pace, dei nostri Patroni e di tutti i Santi.      

dal sito: w.w.w.chiciseparera.chiesacattolica.it

Il 14 maggio una giornata di preghiera e digiuno per invocare la fine della pandemia2

Ai nostri fratelli che credono in Dio Creatore; ai nostri fratelli in umanità ovunque.

Il nostro mondo affronta oggi un grave pericolo che minaccia la vita di milioni di persone in tutto il pianeta, ossia la rapida diffusione del coronavirus (covid19). Mentre confermiamo l’importanza del ruolo dei medici e quello della ricerca scientifica nell’affrontare questa epidemia, non dimentichiamo di rivolgerci a Dio Creatore in tale grave crisi. Noi, quindi, invitiamo tutte le persone, in tutto il mondo, a rivolgersi a Dio pregando, supplicando e facendo digiuno, ogni persona, in ogni parte del mondo, a seconda della sua religione, fede o dottrina, perché Egli elimini questa epidemia, ci salvi da questa afflizione,
aiuti gli scienziati a trovare una medicina che la sconfigga, e perché Egli liberi il mondo dalle conseguenze sanitarie, economiche e umanitarie della diffusione di tale grave contagio.

L’Alto Comitato propone, in conformità agli obiettivi del Documento sulla Fratellanza Umana, di fissare per giovedì 14 maggio una giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione per l’umanità e invita tutti i leader religiosi e le persone
nel mondo intero a rispondere a questo invito umanitario e a rivolgersi a Dio ad una sola voce, perché preservi l’umanità, la aiuti a superare la pandemia, le restituisca la sicurezza, la stabilità, la salute e la prosperità, e renda il nostro mondo, eliminata questa pandemia, più umano e più fraterno.


domenica 24 maggio:ASCENSIONE DEL SIGNORE

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

I discepoli sono tornati in Galilea, su quel monte che conoscevano bene. Quando lo videro, si prostrarono. Gesù lascia la terra con un bilancio deficitario: gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto. E ci sono tutti all’appuntamento sull’ultima montagna. Questa è la sola garanzia di cui Gesù ha bisogno. Ora può tornare al Padre, rassicurato di essere amato, anche se non del tutto capito. Adesso sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà. Essi però dubitarono…

Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in persone che dubitano ancora. Non rimane ancora un po’, per spiegare meglio, per chiarire i punti oscuri. Ma affida il suo messaggio a gente che dubita ancora. Non esiste fede vera senza dubbi. I dubbi sono come i poveri, li avremo sempre con noi. Ma se li interroghi con coraggio, da apparenti nemici diverranno dei difensori della fede, la proteggeranno dall’assalto delle risposte superficiali e delle frasi fatte. Gesù affida il mondo sognato alla fragilità degli Undici, e non all’intelligenza di primi della classe; affida la verità ai dubitanti, chiama i claudicanti ad andare fino agli estremi della terra, ha fede in noi che non abbiamo fede salda in lui. A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra… Andate dunque.

Quel dunque è bellissimo: dunque il mio potere è vostro; dunque ogni cosa mia e anche vostra: dunque sono io quello che vive in voi e vi incalza. Dunque, andate. Fate discepoli tutti i popoli… Con quale scopo? Arruolare devoti, rinforzare le fila? No, ma per un contagio, un’epidemia di vita e di nascite. E poi le ultime parole, il testamento: Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Con voi, sempre, mai soli. Cosa sia l’Ascensione lo capiamo da queste parole. Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima. Se prima era insieme con i discepoli, ora sarà dentro di loro.

Non è andato al di là delle nubi, ma al di là delle forme. È asceso nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme verso l’alto come forza ascensionale verso più luminosa vita: «Il Risorto avvolge misteriosamente le creature e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa» (Laudato si’, 100). Chi sa sentire e godere questo mistero, cammina sulla terra come dentro un tabernacolo, dentro un battesimo infinito.

Letture: Atti 1,1–11; Salmo 46; Efesini 1,17–23; Matteo 28,16–20

Ermes Ronchi
AvvenireN

domenica 17 maggio 2020: NON VI LASCERO’ ORFANI….

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. […]

Un Vangelo da mistici, di fronte al quale si può solo balbettare, o tacere portando la mano alla bocca. La mistica però non è esperienza di pochi privilegiati, è per tutti, «il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà» (Karl Rahner). Il brano si snoda su sette versetti nei quali per sette volte Gesù ripropone il suo messaggio: in principio a tutto, fine di tutto, un legame d’amore. E sono parole che grondano unione, vicinanza, intimità, a tu per tu, corpo a corpo con Dio, in una divina monotonia: il Padre vi darà lo Spirito che rimanga con voi, per sempre; che sia presso di voi, che sarà in voi; io stesso verrò da voi; voi sarete in me, io in voi; mai orfani.

Essere in, rimanere in: ognuno è tralcio che rimane nella vite, stessa pianta, stessa linfa, stessa vita. Ognuno goccia della sorgente, fiamma del roveto, respiro nel suo vento. Se mi amate. Un punto di partenza così libero, così umile. Non dice: dovete amarmi, è vostro preciso dovere; oppure: guai a voi se non mi amate. Nessuna ricatto, nessuna costrizione, puoi aderire o puoi rifiutarti, in totale libertà. Se mi amate, osserverete… Amarlo è pericoloso, però, ti cambia la vita. «Impossibile amarti impunemente» (Turoldo), senza pagarne il prezzo in moneta di vita nuova: se mi amate, sarete trasformati in un’altra persona, diventerete prolungamento delle mie azioni, riflesso del mio sguardo.

Se mi amate, osserverete i comandamenti miei, non per obbligo, ma per forza interna; avrete l’energia per agire come me, per acquisire un sapore di cielo e di storia buona, di nemici perdonati, di tavole imbandite, e poi di piccoli abbracciati. Non per dovere, ma come espansione verso l’esterno di una energia che già preme dentro – ed è l’amore di Dio – come la linfa della vite a primavera, quando preme sulla corteccia secca dei tralci e li apre e ne esce in forma di gemme, di foglie, di grappoli, di fiori. Il cristiano è così: un amato che diventa amante. Nell’amore l’uomo assume un volto divino, Dio assume un volto umano.

I comandamenti di cui parla Gesù non sono quelli di Mosè ma i suoi, vissuti da lui. Sono la concretezza, la cronaca dell’amore, i gesti che riassumono la sua vita, che vedendoli non ti puoi sbagliare: è davvero Lui. Lui che si perde dietro alla pecora perduta, dietro a pubblicani e prostitute e vedove povere, che fa dei bambini i conquistatori del suo regno, che ama per primo e fino a perdere il cuore. Non vi lascerò orfani. Io vivo e voi vivrete. Noi viviamo di vita ricevuta e poi di vita trasmessa. La nostra vita biologica va continuamente alimentata; ma la nostra vita spirituale vive quando alimenta la vita di qualcuno. Io vivo di vita donata.

Letture: Atti 8,5–8.14–17; Salmo 65; 1 Pietro 3,15–18; Giovanni 14,15–21

Ermes Ronchi
Avvenire

IL BUON PASTORE CUSTODISCE E GUIDA IL SUO POPOLO.

il buon pastore

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». […]

A sera, i pastori erano soliti condurre il loro gregge in un recinto per la notte, un solo recinto serviva per diversi greggi. Al mattino, ciascun pastore gridava il suo richiamo e le sue pecore, riconoscendone la voce, lo seguivano (B. Maggioni). Su questo sfondo familiare Gesù inserisce l’eccedenza della sua visione, dettagli che sembrano eccessivi e sono invece rivelatori: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Quale pastore conosce per nome le centinaia di pecore del suo gregge e le chiama a sé a una a una?

Per Gesù le pecore hanno ciascuna un nome, ognuna è unica, irripetibile; vuole te, così come sei, per quello che sei. E le conduce fuori. Anzi: le spinge fuori. Non un Dio dei recinti ma uno che apre spazi più grandi, pastore di libertà e non di paure. Che spinge a un coraggioso viaggio fuori dagli ovili e dai rifugi, alla scoperta di orizzonti nuovi nella fede, nel pensiero, nella vita. Pecore che non possono tornare sui pascoli di ieri, pena la fame, ma “gregge in uscita”, incamminato, che ha fiducia nel pastore e anche nella storia, nera di ladri e di deserti, ma bianca di sentieri e di sorgenti. Il pastore cammina davanti alle pecore. Non abbiamo un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini. Non un pastore alle spalle, che grida o agita il bastone, ma uno che precede e convince, con il suo andare tranquillo che la strada è sicura.

Le pecore ascoltano la sua voce. E lo seguono. Basta la voce, non servono ordini, perché si fidano e si affidano. Perché lo seguono? Semplice, per vivere, per non morire. Quello che cammina davanti, che pronuncia il nome profondo di ciascuno, non è un ladro di felicità o di libertà: ognuno entrerà, uscirà e troverà pascolo. Troverà futuro. Io sono la porta: non un muro, o un vecchio recinto, dove tutto gira e rigira e torna sui suoi giri. Cristo è porta aperta, buco nella rete, passaggio, transito, per cui va e viene la vita di Dio. «Amo le porte aperte che fanno entrare notti e tempeste, polline e spighe. Libere porte che rischiano l’errore e l’amore. Amo le porte aperte di chi invita a varcare la soglia. Strade per tutti noi. Amo le porte aperte di Dio» (Monastero di San Magno).

Sono venuto perché abbiano la vita, in abbondanza. Questo è il Vangelo che mi seduce e mi rigenera ogni volta che l’ascolto: lui è qui per la mia vita piena, abbondante, potente, vita «cento volte tanto» come dirà a Pietro. La prova ultima della bontà della fede cristiana sta nella sua capacità di comunicare vita, umanità piena, futuro; e di creare in noi il desiderio di una vita più grande, vita eterna, di una qualità indistruttibile, dove vivi cose che meritano di non morire mai.

Letture: Atti 2,14.36–41; Salmo 22; 1 Pietro 2,20–25; Giovanni 10,1–10

Ermes Ronchi
Avvenire