Archivi annuali: 2022


oltre la scaltrezza, la SAPIENZA, per saper scegliere ciò che resta!

XXV domenica

  • 18 Settembre 2022

Tempo ordinario, Anno C

Letture: Amos 8,4-7; Salmo 112; Prima Lettera a Timòteo 2,1-8: Luca 16,1-13


Luca 16,1-13
1 Diceva anche ai discepoli: «C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3 L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8 Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
11 Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13 Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
Parola del Signore

Un’altra parabola dal finale spiazzante: il truffato loda il suo truffatore. La lode del signore però ha un bersaglio preciso, non si riferisce alla disonestà dell’amministratore, ma alla sua scaltrezza (lodò quell’uomo perché aveva agito con scaltrezza). Ha saputo fermarsi a pensare (disse tra sé: cosa farò?) e lì ha incominciato a capire la differenza tra falsa ricchezza e vera ricchezza. Poi ha iniziato a usare il patrimonio economico per crearsi il vero patrimonio, quello relazionale: farsi degli amici che lo accolgano. Siediti e scrivi cinquanta, prendi la ricevuta e scrivi ottanta. Forse è pronto a eliminare dal debito la percentuale che spettava a lui, ma questo non è determinate. Ha capito dove investire: condividere il debito per creare reddito, reddito di amicizia, spirituale.

E il racconto continua assicurando che servono amici e relazioni buone nella vita, che solo questi possono darti un futuro, addirittura “nelle dimore eterne”. Vita eterna, casa eterna, sono termini che sulla bocca di Gesù non indicano tanto ciò che accadrà alla fine della vita, nel cielo o negli inferi, quanto quello che rende la vita vera, già da ora, qui tra noi, la vita così come dev’essere, l’autentico dell’umano. Ed ecco il meraviglioso comandamento: fatevi degli amici. Perfino con la disonesta ricchezza. Le persone valgono più del denaro. Il bene è sempre bene, è comunque bene. L’elemosina anche fatta da un ladro, non cessa di essere elemosina. Il bene non è mai inutile. Non è il male che revoca il bene che hai fatto. Accade il contrario: è il bene che revoca, annulla, abroga il male che hai commesso.

Nessuno può servire due padroni, Dio e la ricchezza. Il grande potere della ricchezza è quello di renderci atei. Il vero nemico, l’avversario di Dio nella Bibbia non è il diavolo, infatti Gesù libera la persona dai demoni che si sono installati in lui. Il competitore di Dio non è neppure il peccato: Dio perdona e azzera i peccati. Il vero concorrente di Dio, il dio alternativo, è la ricchezza. La ricchezza è atea. Si conquista la fiducia, dona certezze, prende il cuore. Il ricco è malato di ateismo. Non importa che frequenti la chiesa, è un aspetto di superficie che non modifica la sostanza. Il suo dio è in banca. E il suo cuore è lì, vicino al suo denaro. La soluzione che Gesù offre è “fatevi degli amici”: saranno loro ad accogliervi, prima e meglio degli angeli. O, forse, sta dicendo che le mani di chi ti vuol bene terminano in angeli. I tuoi amici apriranno la porta come se il cielo fosse casa loro, come se la chiavi dell’eternità per te le avessero trovate loro, quelli che tu, per un giorno o una vita, hai reso felici.

P. Ermes Ronchi
Avvenire


“Rallegratevi con me, ho ritrovato chi si era perduto!”

Domenica 11 settembre 2022 

Dal Vangelo di oggi, Luca 15,1-10 
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

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Ci dice la Scrittura che «Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo» (Lc 15,1), e questo sorprendeva i farisei e gli scribi che mormoravano «Costui riceve i peccatori e mangia con loro» (Lc 15,2). Essi ritenevano che il Signore non doveva condividere il suo tempo e amicizia con persone di vita poca retta. Sono ottusi verso chi, essendo lontano da Dio, ha bisogno di conversione, ma la parabola insegna che per Dio nessuno è perso, ed incoraggia ogni peccatore riempendolo di fiducia dandogli a conoscere la sua bontà e questo contiene anche un importante insegnamento per tutti coloro che apparentemente non hanno bisogno di convertirsi: non si giudichi qualcuno e non si escluda nessuno, ma si cerchi di agire sempre con la generosità del padre che accoglie il figlio.


Settembre 2022: programmi

                  SS.CROCIFISSO di Castelfidardo  2022

                        Nel mese di Settembre  Castelfidardo ricorda l’Amore infinito del Padre che ha dato il suo Figlio Unigenito Gesù Cristo Crocifisso  per tutti noi e rinnova il suo Grazie, insieme alla Supplica e Invocazione,  nel segno della  ” Memoria” che i nostri padri ci hanno consegnato.

                  PROGRAMMA

MERCOLEDI 14 SETTEMBRE :ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

ore 18 Rosario ore 18.30 Santa Messa

ore 19 ADORAZIONE EUCARISTICA PER LA PACE

 VENERDI 16 SETTEMBRE:  (Collegiata)

                 Ore 18.30   Rosario meditato

        Ore  19   Concelebrazione eucaristica nel 50^ di Messa del Parroco

                                    Presiede l’Arcivescovo ANGELO SPINA   

                Ore 20      Momento conviviale in piazza (prenotazione)

                 Ore 21.00 Festa IN PIAZZA con musica dal vivo dei giovani

DOMENICA 18 SETTEMBRE  PELLEGRINAGGIO ZONALE a NUMANA

                   ORE 7.30 Raduno al parcheggio di Numana centro

                   Ore 7.45   In cammino verso il Santuario del SS. Crocifisso

                    Ore 8.30 Concelebrazione eucaristica

SABATO 24  SETTEMBRE  Collegiata:

               Ore 17.30. Coro degli ALPINI          

                             intorno al SS. Crocifisso, icona della Divina MISERICORDIA

               Ore 19     EUCARESTIA (corale alpini)

  Ore 21.15    C’E’ TEMPO PER TE  (Collegiata)

   S.TERESA DI CALCUTTA (25^ del suo ritorno alla Casa del Padre 5-9-1997)

                      (Proiezione di video- interviste del CARD. ANGELO COMASTRI)

              DOMENICA 25 SETTEMBRE  2022                  

         CAMMINO,MEMORIA,EUCARESTIA                                                                                                

              Ore 10.00 Raduno il Piazza Garibaldi (Chiesa SS.Abondio e Lucia)       

      Ore  10.15: Processione con il SS. Crocifisso portato dalle Confraternite

                        con  Il civico Gonfalone e  gli stendardi  delle Associazioni di Volontariato,

                        con il Complesso filarmonico  Citta’ di Castelfidardo

                       per le vie: Garibaldi, P.le Don Minzoni, Roma, Sauro,  Battisti  

        Ore 11  Celebrazione Eucaristica  (all’acquedotto via Garibaldi)

                     Il Consiglio pastorale                                                           il Parroco


All’ultimo posto, senza giudicare !

Domenica 28 agosto 2022 

Dal Vangelo di oggi, Luca 14,1.7-14 
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

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«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto» (Lc 14,8). Gesù sa che ci piace essere al primo luogo: in occasione di eventi pubblici, nelle riunioni, a casa, a tavola.  Egli conosce la nostra tendenza spesso a sopravvalutarci e per questo ci invita a praticare l’ umiltà perfetta, che consiste nel non giudicarsi e nè giudicare gli altri, e diventare quindi consapevoli di noi stessi. Per questo Gesù ci dice di scegliere l’ultimo posto e sulla stessa linea ci invita a unirci umilmente accanto ai favoriti di Dio: poveri, storpi, zoppi e ciechi, e ad essere uguali con loro fino a trovarci in mezzo a uomini che Dio ama con speciale tenerezza e superare ogni vergogna e condividere il tavolo ed amicizia con loro.

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Santo del giorno

Sant’Agostino 

S.Agostino(opera di Silvia Bugari)

Memoria di sant’Agostino, vescovo e insigne dottore della Chiesa: convertito alla fede cattolica dopo una adolescenza inquieta nei princípi e nei costumi, fu battezzato a Milano da sant’Ambrogio e, tornato in patria, condusse con alcuni amici vita ascetica, dedita a Dio e allo studio delle Scritture. Eletto poi vescovo di Ippona in Africa, nell’odierna Algeria, fu per trentaquattro anni maestro del suo gregge, che istruì con sermoni e numerosi scritti, con i quali combatté anche strenuamente contro gli errori del suo tempo o espose con sapienza la retta fede.


SALVEZZA = SINTESI TRA IL DIRE E IL FARE

Vangelo Domenica 21 agosto 2022

Verranno da oriente e da occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,22-30
 
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
 
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
 
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
 
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
 
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Parola del Signore


MARIA E’ ASSUNTA !

La Festa dell’ Assunta è la logica conseguenza dell’ Immacolata.

Chi ascolta e vive la Parola di Dio,

cammina sulla terra sempre guardando il Cielo,

libero e lontano dal peccato,

si addormenta nella morte…

…e si risveglia in Cielo !

Editoriale. Zuppi: riaprire ora vita e speranza. Disincanto, valori e scelte forti


Zuppi: riaprire ora vita e speranza. Disincanto, valori e scelte forti

Matteo Maria Zuppi

Nel cuore del mese di agosto, in quasi tutti i paesi e le città del nostro Paese, si celebra la festa dell’assunzione di Maria al cielo. Un mistero che ci dice qual è la nostra destinazione: ossia essere assunti con il nostro corpo risorto nel cielo di Dio. Maria, la prima che ha creduto alla Parola del Signore, è la prima a entrare nel cielo di Dio con il suo corpo. Questa festa è celebrata da tutti i cristiani di tutte le confessioni, ovunque nel mondo. In Occidente la chiamiamo, appunto, Assunzione. In Oriente l’iconografia la trasmette con l’icona della “Dormizione”: gli apostoli circondano in preghiera la madre di Gesù “addormentata” nel suo letto di morte (la morte dei credenti non è mai da sola, ma sempre circondata dalle presenze degli amici di Gesù). Gesù è raffigurato sopra di lei e tiene tra le sue mani una piccola Maria – quasi “bambina”. Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli. Per tanti anni l’ho contemplata nel mosaico absidale della Basilica di Santa Maria in Trastevere. Ed è bello che la prima persona che transita direttamente al cielo di Dio, anima e corpo, sia l’anziana madre di Gesù: lei che ha inaugurato la storia della nostra fede e ospitato il Figlio del nostro riscatto, entra per prima, con un corpo risorto, nella pienezza del Regno.

Il corpo risorto vuol dire che non perderemo la sensibilità umana: al contrario, essa diventerà così pura, così profonda, così fine, da renderci capaci di intercettare direttamente la sensibilità di Dio per tutto il creato e per tutte le creature, dalle più piccole alle più emozionanti che abitano l’eterna fantasia dell’amore di Dio che genera e ispira da sempre i ritmi e i riti della vita che ha creato. E Maria è il simbolo reale del legame profondo della generazione e dell’ispirazione divina della vita con l’origine e la destinazione. In Gesù risorto questo legame irrevocabile abita per sempre l’intimità divina da cui proviene e la condizione umana nella quale si irradia. L’intera storia dell’uomo e quella dell’umanità, lungi dall’essere abbandonata al suo destino mortale, vi appare destinata al riscatto di ogni abbandono che la umilia, la ferisce, la perde: nell’anima e nel corpo.

La cultura moderna ci ha resi gelosi della nostra libertà di vivere: e persino di morire. Ma siamo anche diventati molto rassegnati al corto respiro del nostro modo di godere la vita. Possiamo chiamarlo disincanto, per dare un tono molto adulto e molto razionale a questo pensiero. Di fatto, da quando abbiamo abbassato il cielo dei nostri desideri restringendolo all’orizzonte del nostro io, anche la terra ci sembra più avara di vere soddisfazioni e di autentici entusiasmi. A ragione si parla di passioni tristi. Non sappiamo più stupirci del tanto che pure abbiamo e scoprire l’incanto che è ogni persona che nasconde il riflesso di Dio.

Ci affanniamo giustamente ad aggiustare la società e l’habitat per tanti individui, ma non crediamo più nella comunità e nel mondo che dovrebbero ospitare la fraternità di cui abbiamo bisogno e alla quale apparteniamo. Dobbiamo chiederci se per caso non ci stiamo rassegnando a essere una sorta di colonia di insetti, certo, evoluti e ingegnosi. La società che stiamo costruendo rischia di avere paura della vita e diffidare della speranza. Scopriamo di avere politiche da amministrazione di condominio, aspettative di vita giovanilistiche, distanze umilianti e in crescita: fra ricchi e poveri, uomini e donne, vecchi e bambini, mediatici e anonimi, onesti e furbi. Nello spaesamento dell’incertezza, cresce il fascino della chiusura in spazi ristretti e orizzonti chiusi e angusti.

L’autoreferenzialità porta a ripiegarci su noi stessi e contagia le persone, i popoli e le culture, anche noi credenti: non di rado appariamo senza idee, senza parole, senza azioni che riaprano i cuori al senso della destinazione dell’esistenza nostra e del mondo. Come Maria troviamo forza facendo nostra la visione di Dio che si fa uomo per iniziare il suo Regno di amore, che sarà di tutto il popolo. La rassegnazione a un mondo ingiusto non è l’effetto – che ora diventa particolarmente visibile – di una certa depressione escatologica che affligge lo stesso cristianesimo?

Il mistero dell’Assunta ci ri-apre al cielo della nostra destinazione. Mercoledì scorso il Papa, riferendosi proprio alla nostra destinazione finale, ha affermato con efficacia: «Il meglio deve ancora venire». Il cielo – che pure pensiamo pieno di santi rimane forse povero di Vita. E quindi poco attrattivo. Gesù quando parla del Regno lo descrive come un pranzo di nozze, una festa con gli amici, il lavoro che rende perfetta la casa, le sorprese che rendono il raccolto più ricco della semina. Tutto ciò lo iniziamo già sulla terra. Con il “sì” di Maria a divenire la madre del Figlio. Con il nostro sì a farlo nascere e crescere in noi. Il Signore è «nato da Donna», scrive l’Apostolo. Come ogni essere umano: certo, la sua destinazione è il grembo di Dio; ma il rispetto per la qualità spirituale del grembo che l’ha portato da Dio a noi è la discriminante della qualità umana della nostra esistenza.

La donna comunica al corpo umano la sua sensibilità spirituale, fin dal concepimento, fin dalla gestazione. La donna che diventa madre non è una donna violata, consumata, di seconda scelta. La maternità deve apparire – ed essere trattata – come un valore aggiunto dell’autodeterminazione femminile, non come un uso e un abuso che le fa perdere valore. La società civile, la politica e tutta la comunità cristiana debbono impegnarsi a riconoscere il prestigio della maternità e il valore che la natalità rappresenta per i nostri tempi e per il Paese di cui siamo cittadini e cittadine. L’Assunta è Vergine e Madre, senza pregiudizio di entrambe. Il riscatto dall’attuale depressione escatologica della vita cristiana (e dell’umano che ci è comune) incomincia forse proprio da qui: da una madre che, proprio perché umile, ha saputo dire di sé: «grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente». Il nostro Paese – il mondo – ha sempre più bisogno di grandi visioni e di uomini e donne umili che se ne lasciano appassionare e non hanno paura di donare la vita per trovarla.

Matteo Maria Zuppi è cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana


Il fuoco e la chiarezza del Vangelo !

XX T.O.

  • 14 Agosto 2022

Tempo ordinario, Anno C

Letture: Geremia 38,4-6.8-10; Salmo 39; Ebrei, 12, 1-4; Luca 12, 49-53

Fuoco e divisione sono venuto a portare. Vangelo drammatico, duro e pensoso. E bellissimo. Testi scritti sotto il fuoco della prima violenta persecuzione contro i cristiani, quando i discepoli di Gesù si trovano di colpo scomunicati dall’istituzione giudaica e, come tali, passibili di prigione e morte. Un colpo terribile per le prime comunità di Palestina, dove erano tutti ebrei, dove le famiglie cominciano a spaccarsi attorno al fuoco e alla spada, allo scandalo della croce di Cristo. Sono venuto a gettare fuoco sulla terra. Il fuoco è simbolo altissimo, in cui si riassumono tutti gli altri simboli di Dio, è la prima memoria nel racconto dell’Esodo della sua presenza: fiamma che arde e non consuma al Sinai; bruciore del cuore come per i discepoli di Emmaus; fuoco ardente dentro le ossa per il profeta Geremia; lingue di fuoco a Pentecoste; sigillo finale del Cantico dei Cantici: le sue vampe sono vampe di fuoco, una scheggia di Dio infuocata è l’amore.

Sono venuto a gettare Dio, il volto vero di Dio sulla terra. Con l’alta temperatura morale in cui avvengono le vere rivoluzioni. Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma divisione. La pace non è neutralità, mediocrità, equilibrio tra bene e male. “Credere è entrare in conflitto” (David Turoldo). Forse il punto più difficile e profondo della promessa messianica di pace: essa non verrà come pienezza improvvisa, ma come lotta e conquista, terreno di conflitto, sarà scritta infatti con l’alfabeto delle ferite inciso su di una carne innocente, un tenero agnello crocifisso. Gesù per primo è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione, “per la caduta e la risurrezione di molti” (Luca 2,34). Conosceva, come i profeti antichi, la misteriosa beatitudine degli oppositori, di chi si oppone a tutto ciò che fa male alla storia e ai figli di Dio. La sua predicazione non metteva in pace la coscienza di nessuno, la scuoteva dalle false paci apparenti, frantumate da un modo più vero di intendere la vita.

La scelta di chi perdona, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare ma servire, di chi non vuole vendicarsi, di chi apre le braccia e la casa, diventa precisamente, inevitabilmente, divisione, guerra, urto con chi pensa a vendicarsi, a salire e dominare, con chi pensa che vita vera sia solo quella di colui che vince. Come Gesù, così anche noi siamo inviati a usare la nostra intelligenza non per venerare il tepore della cenere, ma per custodire il bruciore del fuoco (G. Mahler), siamo una manciata, un pugno di calore e di luce gettati in faccia alla terra, non per abbagliare, ma per illuminare e riscaldare quella porzione di mondo che è affidata alle nostre cure.

P. Ermes Ronchi
Avvenire


SEMPRE PRONTI AD ACCOGLIERE IL SIGNORE CHE VIENE !

Domenica 7 agosto 2022 

Dal Vangelo di oggi, Luca 12,35-40 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

6 agosto 1922-2022:
centenario dell’Altare del SS. Sacramento in Collegiata

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Oggi, il Vangelo ci ricorda e ci richiede un atteggiamento di veglia “perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo” (Lc 12,40). Dobbiamo stare sempre vigilanti, siamo pellegrini in un mondo che passa, abbiamo la nostra vera patria nei cieli. La nostra vita ci porta lì, la nostra esistenza terrena è progetto verso il nostro incontro definitivo con il Signore e nel corso di questo incontro “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” (Luca 12:48). Non è questo il momento culminante della nostra vita? Cerchiamo di vivere la vita con saggezza, cerchiamo di capire qual è il vero tesoro e di avere l’intelligenza evangelica di discernere quel è il vero tesoro! Che le ricchezze del tuo cuore non siano gli dei di questo mondo, ma l’amore, la pace vera, la saggezza e tutti i doni che Dio fa ai suoi figli amati.


La vita: dono da condividere

XVIII domenica

  • 31 Luglio 2022

Tempo ordinario, Anno C

Letture: Qoèlet 1,2; 2,21-23; Salmo 89; Lettera ai Colossesi 3,1-5.9-11; Luca 12,13-21

13 Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15 E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». 16 Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».

La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante: una doppia benedizione secondo la bibbia, eppure tutto è corroso da un tarlo micidiale. Ascolti la parabola e vedi che il fondale di quella storia è vuoto. L’uomo ricco è solo, chiuso nel cerchio murato del suo io, ossessionato dalla logica dell’accumulo, con un solo aggettivo nel suo vocabolario: “mio”, i miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, la mia vita, anima mia. Nessun altro personaggio che entri in scena, nessun nome, nessun volto, nessuno nella casa, nessuno alla porta, nessuno nel cuore. Vita desolatamente vuota, dalla quale perfino Dio è assente, sostituito dall’idolo dell’accumulo. Perché il ricco non ha mai abbastanza. Investe in magazzini e granai e non sa giocare al tavolo delle relazioni umane, sola garanzia di felicità. Ecco l’innesco del dramma: la totale solitudine.

L’accumulo è la sua idolatria. E gli idoli alla fine divorano i loro stessi devoti. Ingannandoli: “Anima mia hai molti beni per molti anni, divertiti e goditi la vita”. È forse questo, alla fin fine, l’errore che rovina tutto? Il voler godere la vita? No. Anche per il Vangelo è scontato che la vita umana sia, e non possa che essere un’incessante ricerca di felicità. Ma la sfida della felicità è che non può mai essere solitaria, ed ha sempre a che fare con il dono. L’uomo ricco è entrato nell’atrofia della vita, non ha più allenato i muscoli del dono e delle relazioni: Stolto, questa notte stessa… Stolto, perché vuoto di volti, vive soltanto un lungo morire, perché il cuore solitario si ammala; isolato, muore. Così si alleva la propria morte. Infatti: questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita….

Essere vivo domani non è un diritto, è un miracolo. Rivedere il sole e i volti cari al mattino, non è né ovvio né dovuto, è un regalo. E che domani i miliardi di cellule del mio corpo siano ancora tutte tra loro connesse, coordinate e solidali è un improbabile prodigio. E quello che hai accumulato di chi sarà? La domanda ultima, la sola che rimane quando non rimane più niente, suona così: dopo che tu sei passato, dietro di te, nel tuo mondo, è rimasta più vita o meno vita? Unico bene.

La parabola ricorda le semplici, sovversive leggi evangeliche dell’economia, quelle che rovesciano le regole del gioco, e che si possono ridurre a due soltanto: 1. non accumulare; 2. se hai, hai per condividere. Davanti a Dio noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo condiviso; siamo ricchi di uno, di molti bicchieri di acqua fresca dati; di uno, di cento passi compiuti con chi aveva paura di restare solo; siamo ricchi di un cuore che ha perdonato per sette volte, per settanta volte sette.

P. Ermes Ronchi
Avvenire