Don Bruno


DIO E’ FAMIGLIA IN COMUNIONE DI AMORE !

Santissima Trinità

  • 4 Giugno 2023
GLORIA AL PADRE, AL FIGLIO, ALLO SPIRITO SANTO….
come era in principio, ora, e sempre, nei secoli dei secoli. Amen

Anno A

Giovanni 3,16-18

16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Letture: Esodo 34,4-6.8-9; Daniele 3, 52-56; 2 Corinzi 13, 11-13; Giovanni 3, 16-18

Per dire la Trinità, Gesù usa nomi di famiglia, di casa, nomi che abbracciano e stringono legami: Padre, Figlio, Spirito buono, alito che fa respirare la vita. La festa della Trinità è l’annuncio che Dio non è in se stesso solitudine, ma comunione, legame, abbraccio. Che ci raggiunge e ci dà il suo cuore plurale. Allora capisco perché la solitudine mi pesa così tanto e mi fa paura: perché è contro la mia natura. Allora capisco perché quando sono con chi mi ama, sto così bene: perché realizzo la mia vocazione. La Trinità è lo specchio del mio senso ultimo, e del senso dell’universo: tutto incamminato verso un Padre fonte di libere vite, verso un Figlio che mi innamora, verso uno Spirito che accende di comunione le nostre solitudini.

Anche l’autopresentazione di Dio sul monte Sinai, davanti al suo grande amico Mosè, ha nomi caldi: misericordioso, pietoso, lento all’ira, ricco di grazia e di fedeltà (Es 34,6). Mosè è salito con fatica, due tavole di pietra in mano, e Dio sconcerta lui e tutti i moralisti, scrivendo su quella rigida pietra parole di tenerezza. E Mosè capisce e prega: “Che il Signore cammini in mezzo a noi, venga in mezzo alla sua gente. Non resti sul monte, guida alta e lontana, ma scenda e si perda in mezzo al calpestio del popolo”. Tutta la Scrittura ci assicura che nel calpestio del popolo, nella polvere dei nostri sentieri, lo Spirito accende i suoi roveti e i suoi profeti; il Padre rallenta il passo sul ritmo del nostro; il Figlio è salvezza che ci cammina a fianco: «venuto non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato» (Gv 3,17).

Lui non condanna e neppure giudica: «Io non giudico!» (Gv 8.15). Parola dirompente, da ripetere alla nostra fede paurosa settanta volte sette! Io non giudico, né per sentenze di condanna, né per verdetti di assoluzione. Posso pesare i monti con la stadera e il mare con il cavo della mano (Is 40,12), ma l’uomo non lo peso e non lo misuro: lo amo; non preparo né bilance, né tribunali, perché non giudico, io salvo. “Dì loro ciò che il vento dice alle rocce, / ciò che il mare dice alle montagne. / Dì loro che una bontà immensa penetra l’universo, / dì loro che Dio non è quello che credono, / che è un vino di festa, un banchetto di condivisione / in cui ciascuno dà e riceve. / Dì loro che Dio è Colui che suona il flauto / nella luce piena del giorno, / si avvicina e scompare, e ci chiama alle sorgenti. / Dì loro l’innocenza del suo volto, / i suoi lineamenti, il suo sorriso. / Dì loro che Egli è il tuo spazio e la tua notte, / la tua ferita e la tua gioia. / Ma dì loro, anche, che Egli non è ciò che tu dici di Lui, che la sua tenda è sempre oltre. (Comm. Franc. Cistercense).

P. Ermes Ronchi
Avvenire


PENTECOSTE : Chiesa in uscita !

Domenica 28 maggio 2023

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Lo Spirito Santo è Dio in libertà. Rifiuto della monotonia. Scelta della sinfonia. Ultima parola, che si offre sempre come nuova, come altra: alla nave come costa, alla terra come nave; al navigante come nostalgia di casa, all’uomo di casa come nostalgia del mare. Dio in libertà. Che fa cose che non t’aspetti. Che dà a Maria un figlio “fuorilegge’”, a Elisabetta un figlio profeta. E a noi dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno per dare, a nostra volta, vita, o meglio ancora: per dare alla vita. La Parola di Dio oggi prova una sinfonia di linguaggi per tentare di dire qualcosa della vastità dello Spirito: non sono che semplici fessure, feritoie aperte sul mistero.1. La prima lettura (Atti 2,1-11) racconta di Apostoli come “ubriachi”, inebriati da qualcosa che li ha storditi di gioia, come un capogiro, una divina seduzione, violenta e felice. E la prima Chiesa, arroccata sulla difensiva, viene lanciata fuori e in avanti. La nostra Chiesa tentata, oggi come allora, di arroccarsi e chiudersi, perché in crisi di numeri, perché aumentano coloro che si dichiarano indifferenti o infastiditi, questa Chiesa, amata e infedele, può ancora attingere a quello slancio originario.2. Il salmo tra le letture (Sal 104,30) apre la seconda fessura: “Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra”. Una delle affermazioni più belle e rivoluzionarie della nostra fede è offerta dalla Prece eucaristica III, quando il presidente proclama: “Tu, che per mezzo di Cristo e per opera dello Spirito fai vivere e santifichi l’universo”. Non solo l’uomo, ma tutto ciò che esiste; non solo doni vita, ma semini santità nell’universo, santità della luce, l’umile santità del bosco, del bambino che nasce, del cuore che ama, dell’anziano che pensa. Una divina liturgia santifica l’universo.3. La terza finestra sulla Pentecoste la apre Paolo nella seconda lettura (1Cor 12,5). Lo Spirito dà a ciascuno una manifestazione particolare per il bene comune. Sposa vite diverse, consacra vocazioni differenti, benedice la genialità e l’unicità di ogni vita. Lo Spirito non vuole banali ripetitori, ma discepoli geniali, edificatori di una Chiesa che trova unità attorno alla croce, varietà e creatività attorno allo Spirito.4. Infine il Vangelo racconta la Pentecoste come un incontro leggero nella sera di Pasqua: “soffiò su di loro e disse: ricevete lo Spirito santo” (Gv 20,22). In quella stanza chiusa e dall’aria stagnante, entra il grande, ampio e profondo ossigeno del cielo. Entra il respiro di Dio che non sopporta schemi e chiusure, che viene per farci vivi, sottile e profondo come il respiro, umile e testardo come il battito del cuore.

(Letture: Atti 2,1-11; Salmo 104; Prima Lettera ai Corinzi 12,3b-7.12-13; Giovanni 20,19-23)


“Sono CON voi e IN voi, tutti i giorni!”

Ascensione del Signore

  • 21 Maggio 2023

Anno A

Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Efesini 1, 17-23; Matteo 28, 16-23

Matteo 28,16-20

16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Ascensione: finito il tempo del pane e del pesce attorno al fuoco sulla riva del lago. Finito il tempo dei nomi pronunciati uno per uno, che sulle sue labbra parevano bruciare. L’ascensione è la festa di Lui diversamente presente: Gesù non è andato lontano, ma avanti e nel profondo; non oltre le nubi ma oltre le forme. Se prima era con i discepoli, ora sarà dentro di loro.​L’ultimo suo appuntamento è nella Galilea degli inizi, hanno camminato insieme per tre anni; e se non hanno capito molto, lo hanno però molto amato. E ci sono tutti all’appuntamento sull’ultima montagna. «Andate!». Si è appena fatto trovare e subito li invita a partire, li spinge a pensare in grande, a guardare lontano: apre il mondo, cancella frontiere, li manda a immergersi nell’umano innumerevole.

«Battezzate»: immergete ogni vita nell’oceano di Dio, che sia sommersa e sollevata dalla sua onda mite e possente… Cosa devono fare i discepoli? Creare un laboratorio di immersione in Dio, per il mondo. Dare agli uomini l’esperienza e la coscienza che sono immersi in un oceano d’amore, e non se ne rendono conto. «Andate!». Per arruolare devoti? Per far crescere i numeri del gruppo? No, per una pandemia da spargere sulla terra, di fuoco e libertà. Andate, profumate di cielo le vite che incontrate, “insegnate a vivere bene” (san Bernardo), mostrate il mestiere del vivere buono, così come l’avete visto da me. Insegnate ad essere felici, direbbe Mosè. Insegnate a donare, cioè ad essere vivi, direbbe Paolo. «Fate discepoli tutti i popoli»: Gesù non dà l’ordine di indottrinare il mondo. Il termine “discepolo” nella sua etimologia significa colui che impara, “l’imparante”.

«Fate discepoli» vuol dire allargate le menti delle persone, insegnate loro ad essere gli imparanti, coloro che non smettono mai di apprendere e di accogliere. «Alcuni però dubitavano»: Gesù lascia sulla terra quasi niente: un gruppetto di undici uomini impauriti, confusi, che dubitano ancora, e un nucleo di donne coraggiose e fedeli. Se ne va, compiendo un atto di enorme fiducia: affida la sua verità a gente che dubita, mostra la strada per i confini del mondo a gente che zoppica. Grande Gesù, che non si pone come uno che ti risolve i problemi, ma come colui che offre orizzonti, che fa più grande la vita. Ma non li lascia soli con i loro limiti: «io sono con voi tutti i giorni» fino alla fine del mondo. Tu lo puoi anche mollare, ma lui non ti molla mai. Ha intriso di Dio il mondo, e ne ha impregnato anche la tua vita; il mondo e tu ne siete battezzati. Se solo io fossi capace di sentire e godere questo, camminerei sulla terra con passo di danza come dentro un battesimo infinito.

P. Ermes Ronchi
Avvenire


Gesù Cristo, Via VeritàVita, noi stiamo con Te!

V^ domenica di Pasqua

  • 7 Maggio 2023

Anno A

Letture: Atti degli Apostoli 6,1-7; Salmo 32; Prima Lettera di san Pietro 2,4-9; Giovanni 14, 1-12

Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via? Gesù non risponde: “io conosco bene la strada e adesso ve la descrivo e poi vi passo le coordinate”; dice invece: «Guardami Tommaso, sono io la via». La strada verso Dio, verso il cuore caldo della vita, è la vita di Cristo. Guardi Gesù, come vive, come si commuove e tocca, come va incontro, come muore, e capisci Dio e la vita. E se voglio entrare in quel mistero metterò i miei passi sui suoi passi, preferirò coloro che lui preferiva, rinnoverò con le mie le sue scelte, mi muoverò solo dietro alla sua stella polare. J, Maritain mette in bocca a Gesù questo invito: «Non cercatemi in un luogo, ma là dove amo e sono amato».

“Io sono la verità”. Come io vivo è il vivere vero, come mi comporto con i piccoli e con le donne, con i poveri cristi e con i Pilato di turno, con gli uccelli e con i fiori del campo, con il Padre e l’ultima pecora… La verità è fatta di carne, ieri baciata, tra poco straziata. Verità disarmante è il suo muoversi libero, regale e amorevole tra le creature. Mai arrogante e sempre senza compromessi. Diritto e sicuro. La verità è coraggiosa e amabile. Quando invece è arrogante e senza tenerezza, è una malattia che ci fa tutti malati di violenza. La verità dura, dispotica, gridata da parole di pietra «è così e basta», non è la voce di Dio. Dio è verità amabile, di occhi e mani accesi! Io sono la vita. Parole che nessuna spiegazione può esaurire. Che hai a che fare con me, Gesù di Nazareth? La risposta è una pretesa eccessiva e sconcertante: io faccio vivere.

Io sono la vita. Allora più Vangelo entra in me, più vita si aggiunge alla vita. Quella vita che si oppone alla pulsione di morte, all’auto distruttività che coltiviamo in noi, alle paure, alla sterilità di una vita inutile. Vita è tutto ciò che possiamo mettere sotto questa nome: futuro, amore, casa, festa, riposo, desiderio, pasqua, felicità. Per questo fede e vita, sacro e realtà, hanno l’identica sorgente, e coincidono. I gesti e le parole di Gesù sono energia che sa scheggiare le corazze dure, fa fiorire la corteccia malata della storia, fa sognare terra nuova e cieli nuovi, se e quando la sua tenerezza attraversa le nostre mani. Il mistero di Dio non è lontano da te, è nella tua vita: vive nel tuo nascere, amare, dubitare, credere, perdere, illuderti, osare, generare… In ogni tuo amore è Lui che ama. Il mistero di Dio non è lontano, ma è la strada sottesa ai nostri passi. Se Dio è la vita, allora «c’è della santità nella vita, viviamo la santità del vivere» (Abraham Hescel). Per questo fede e vita, spiritualità e realtà non si oppongono, ma si incontrano e si baciano, come nei Salmi.

P. Ermes Ronchi
Avvenire


…perchè abbiate la Vita, in abbondanza!

IV domenica di Pasqua

  • 30 Aprile 2023

Anno A

Letture: Atti 2,14a.36-41; Salmo 22; prima Lettera di Pietro 2,20b-25; Giovanni 10,1-10

Giovanni 10,1-10

1 «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 4 E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6 Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7 Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Gesù, Buon Pastore, Pienezza della Vita!

Per me, una delle frasi più solari del Vangelo, dove appoggio la mia fede, che mi rigenera ogni volta che l’ascolto: sono venuto perché abbiano la vita; è venuto per la mia vita piena, abbondante, gioiosa. Non per quel minimo senza il quale la vita non è vita, ma quella esuberante, eccessiva, che rompe gli argini e tracima, scialo di libertà e coraggio. La parola “vita” lega insieme tutta la Scrittura; è supplica nei Salmi: fa’ che io viva! Fammi camminare sui campi della vita! Giona si adira con Dio perché, invece di distruggere Ninive, è pastore per i centoventimila della città che non distinguono la destra dalla sinistra. Il primo di tutti i comandamenti, quello che introduce l’intera sezione della legge è: «Hai davanti a te la vita e la morte. Scegli!». E intende: scegli la vita! Vita è tutto ciò che possiamo pensare per riempire questo nome. È proprio la piccola parola “vita” a rendere inconciliabili il pastore e il ladro.

Il pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. L’eccedenza di Dio. Quale pastore ha dato un nome a tutte le pecore? Ad alcune sì, magari a molte, ma le centinaia di pecore del suo gregge, chi può distinguerle e ricordarle? Chi perde tempo a recitare ogni mattina tutta la litania dei loro nomi, anziché un solo fischio o un richiamo unico per tutte? Ma è proprio scritto così: le chiama ciascuna per nome. Per noi il gregge è anonimato, fine dell’identità, omologazione. Per Gesù, no: mi da tempo, dice il mio nome, gli sto a cuore, non mi confonde con nessun’altro. E le conduce fuori. Anzi, «le spinge fuori». Non in un altro recinto magari più grande, ma fuori per spazi aperti.

Io sono la porta. Non eleva muri o steccati a dividere; Cristo è passaggio, apertura, pasqua, breccia di luce, vita che entra ed esce. Pastore pieno di futuro, porta dell’amore leale e sicuro (chi entra attraverso di me si troverà in salvo), più forte di ogni prigione (potrà entrare e uscire), dove placare la fame e la sete della storia (troverà pascolo). E cammina davanti alle pecore. Pastore apripista, che non sta alle spalle a richiamare e ad agitare il bastone, non è un cane da pastore che deve tenere in riga le pecore. Non gli interessa. Le pecore stanno in riga perché intravedono davanti uno di cui hanno fiducia, vedono la strada che fa, sanno che è sicura, sanno che in fondo a quella fila c’è profumo di vita. E Gesù si definisce come porta: non un muro, o un vecchio recinto, dove giri e rigiri e torni sui giri di prima, non un guinzaglio, né corto né lungo. Cristo è porta aperta, buco nella rete, breccia nel muro, passaggio, transito, spazio per il cuore, per cui va e viene il respiro di terra e cieli nuovi.

P. Ermes Ronchi
Avvenire


“Lo riconobbero nello spezzare il pane”

III domenica di Pasqua

  • 23 Aprile 2023

Anno A

Letture: Atti 2,14.22-23; Salmo 15; 1 Pietro 1,17-21; Luca 24, 13-25

“Resta con noi, Signore, nel cammino di ogni giorno e alla sera della vita!”

Il Vangelo di Emmaus si dipana come una grande liturgia in tre tempi: la liturgia della strada, della parola, del pane. Emmaus dista undici chilometri da Gerusalemme, tre ore di cammino, trascorse a parlare del sogno in cui avevano tanto investito, naufragato nel sangue. Ed ecco, Gesù si avvicinò e camminava con loro. Come un Dio sparpagliato per tutte le strade, che non impone nessun passo, prende il mio. Gli basta il passo del momento, quello quotidiano. Ogni camminare gli va bene, purché sia cammino. Poi, la liturgia della parola: e cominciando da Mosè e dai profeti spiegava loro le scritture, spiegava la vita con la Parola, spiegava che la Croce non è un incidente, ma la pienezza. E i due scoprono l’immensa verità: vedono un Dio che, così nascosto da sembrare assente, tesse il filo d’oro nella tela del mondo a partire dal punto più oscuro, la croce.

Ora sanno che la mano di Dio più sembra nascosta, più è potente. Più è silenziosa, più è efficace.Giunti a Emmaus Gesù mostra di voler andare più lontano. Come un senza fissa dimora, un Dio migratore per spazi liberi e aperti che appartengono a tutti. Allora si apre la liturgia del pane, attorno al primo altare che è la tavola di casa: lo riconobbero nello spezzare il pane. Sì, perché un giovedì, al tramonto Gesù aveva pronunciato parole terribili su del pane e del vino: prendete e mangiate. Questo è il mio corpo. È il Tutto di me, fino all’ultima fibra, fino all’ultima ferita. È per voi. La storia di Gesù profuma di pane. Il pane, buono da solo e buono con tutto.

Ma spezzare il pane non mostra la conclusione, è solo il primo tempo del donare. Prendo qualcosa di mio e lo do a te. Lascio nelle tue mani un pezzo di me, una porzione, una frazione, briciole, qualcosa che da mio diventa tuo. Spezzare: vi è riassunta l’anima di Gesù, la sua storia, la sua missione. Lui non spezza nessuno, spezza se stesso. Lui non chiede nulla, offre tutto.Per secoli la Messa è stata chiamata fractio panis, lo spezzare il pane e il donarlo. Preso da Isaia 58: spezza il tuo pane con l’affamato e la tua fame finirà; illumina altri e ti illuminerai; guarisci la ferita d’altri e guarirà la tua ferita.L’asse portante del vangelo e il dono e non il sacrificio. Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, partono come chiamati, come se la notte non dovesse venire più, partono con il sole dentro, senza paura. Un miracolo. Ma il primo miracolo è stato un altro: non ci bruciava forse il cuore mentre per via ci spiegava il senso delle Scritture e della vita? Perché «chi mangia me, mangia il fuoco! Abbiamo mangiato il fuoco nel pane» (Efrem il Siro, Inni sulla fede, IV sec.).

P. Ermes Ronchi
Avvenire


SIGNORE MIO E DIO MIO! Stai sempre in mezzo a NOI

II domenica di Pasqua

  • 16 Aprile 2023

Anno A

Letture: Atti 2,42-47; Salmo 117; Prima Lettera san Pietro 1,3-9; Giovanni 20,19-31

shalom: oltre la violenza!

Aria di paura in quella casa. Paura dei giudei ma anche di sé stessi, della propria viltà, di come si erano comportati nella notte del tradimento. Sembra che manchi l’aria. Eppure Gesù viene, nonostante il loro e il mio cuore inaffidabile: e stette in mezzo a loro. Mi conforta pensare che se trova chiuso lui non se ne va; se tardo ad aprire, otto giorni dopo è ancora lì. Shalom, ha detto, saluto biblico che significa molto più della pace come semplice fine delle violenze, indica la forza dei miti e dei nonviolenti dentro la logica del più armato, la luce dei puri di cuore dentro la nebbia delle astuzie, la serenità dei giusti nelle ingiustizie, la perseveranza degli onesti fra le disonestà. Soffiò e disse: ricevete lo Spirito Santo. Su quel pugno di creature, chiuse e impaurite, scende il vento delle origini, il vento che soffiava sugli abissi, il vento sottile dell’Oreb su Elia profeta, quello che scuoterà le porte chiuse del cenacolo: ecco io vi mando!

«Se non vedo e non tocco, non crederò». Povero, caro Tommaso, diventato addirittura proverbiale! Vuole delle garanzie, e ha ragione, perché se Gesù è vivo tutta la sua vita ne uscirà rovesciata. Gesù si avvicina alla nostra lentezza del credere con pochi, semplici verbi: guarda, metti, tocca. Tommaso comprende da quei fori il motivo per cui Cristo è risorto: per un amore scritto con ferite ormai incancellabili, da cui non sgorga più sangue ma luce. Tommaso si arrende non ai suoi occhi o al suo toccare, ma a questa esperienza di pace offerta da Gesù per ben tre volte. E la sua pace scende ancora sulle nostre sconfitte, sulle nostre chiusure, sulle nostre paure. Alla fine Tommaso passa dall’incredulità all’estasi.

Se poi abbia toccato o no il corpo del Risorto, non è importante. «Mio Signore e mio Dio» Tommaso ripete quel piccolo “mio” che cambia tutto, che non indica possesso geloso, ma appartenenza, eco del Cantico dei Cantici: il mio amato è mio e io sono sua! Mio Signore, che mi fai vivere, che sei la parte migliore di me. “Mio”, come lo è il cuore. E, senza, non sarei. “Mio”, come lo è il respiro. E, senza, non vivrei. Beati quelli che senza aver visto crederanno. Beatitudine consolante che finalmente sento mia. Gesù mi dice beato! Beato chi fa fatica, chi cerca a tentoni, chi non vede ancora eppure cammina avanti, “siamo pellegrini senza strada, ma tenacemente in cammino” (Giovanni della Croce). La fede è il rischio di essere beati, cioè felici. Di vivere una vita non certo più facile, ma più piena e appassionata. Ferita sì, talvolta, ma luminosa comunque e perfino guaritrice. Così termina il Vangelo, così inizia la mia sequela: col rischio di essere felice.

Ermes Ronchi
Avvenire


DOMENICA DELLE PALME

Gesù entra in Gerusalemme

  • 2 aprile 2023

Anno A

Letture: Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Matteo 26,14-27,66

osanna al Figlio di Davide, osanna al Redentore !

La domenica delle Palme ci immerge in uno dei momenti più festosi della vita di Gesù: un fiume di sorrisi, dal monte degli ulivi al tempio. E attorno era primavera, allegra e potente, come adesso.

Nel racconto della passione di Gesù, tutti compiono ciò che non vorrebbero compiere. Pietro non avrebbe mai voluto rinnegare il suo Signore, e poi cade dinanzi ad una serva da cortile. Giuda tradisce, e poi si pente in maniera tragica. Pilato non avrebbe mai voluto consegnare il Nazareno nelle mani degli odiati giudei, e poi cede per biechi calcoli politici. Si sa, “lo spirito è forte, la carne debole”. Quanto siamo realmente liberi e dunque colpevoli del male che facciamo?

Solo le donne, nel racconto della passione, sembra pensino e facciano ciò che hanno pensato. Volontà e azione in loro coincidono, perché si fidano dei sogni, come la moglie di Pilato che dirà al marito: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi in sogno sono stata molto turbata per causa sua» (v. 19). Forse il femminile è l’ultimo avamposto dove ancora ci si fida dei sogni di giustizia, di amore e compassione. Occorrerebbe che tutti ci si portasse dentro un certo sentire femminile e materno, ossia l’innata convinzione che la vita va difesa, sempre, fino in fondo, a tutti i costi. E comprendere che, nel duello tra morte e amore, chi vincerà alla fine sarà sempre l’amore e che il massimo che potrà accadere sarà un terremoto (v. 51) che spalancherà i sepolcri permettendo alla vita di uscire, come la vita da un guscio d’uovo.


PASQUA 2023 ORARI:

giovedi santo: raccogliamo il frutto del digiuno quaresimale; lavanda dei piedi venerdi santo: la Processione, negli anni dispari, passa in via Colombo. Negli anni pari, via Manzoni