Archivi mensili: Dicembre 2021


VIENI SEMPRE, SIGNORE!


Preghiera dell’Avvento e del NATALE

Vieni di notte,
ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio,
noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine,
ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, Figlio della pace,
noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a liberarci,
noi siamo sempre più schiavi:
E dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a consolarci,
noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a cercarci,
noi siamo sempre più perduti,:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, tu che ci ami:
nessuno è in comunione col fratello
se prima non è con te, o Signore.
Noi siamo tutti lontani, smarriti,
né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo.
Vieni, Signore. Vieni sempre, Signore.

(David Maria Turoldo)


Benedetta sei tu, MARIA, tra le donne!

IV domenica di Avvento

  • 19 Dicembre 2021

Anno C

Letture: Michea 5,1-4a; Salmo 79; Lettera agli Ebrei 10,5-10; Luca 1,39-45

benedetto il frutto del tuo grembo….

Maria si mise in viaggio in fretta. Appena partito l’angelo, anche lei vola via da Nazaret. Il suo cammino sembra ricalcare a ritroso le orme che Gabriele ha lasciato nell’aria per giungere da lei: «gli innamorati volano» (santa Camilla Battista da Camerino). Appena giunta in quella casa di profeti, Maria si comporta come Gabriele con lei. «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta»: angelo di un lieto annunzio, che il bimbo nel grembo della madre percepisce subito, con tutto se stesso, come una musica, un appello alla danza, una tristezza finita per sempre: «il bambino ha sussultato di gioia» . Il Santo non è più al tempio, è lì, nella carne di una donna, «dolce carne fatta cielo» (M. Marcolini). Nella danza dei grembi, nella carne di due donne, si intrecciano ora umanità e divinità. Nella Bibbia, quando gli uomini sono fragili, o corrotti, o mancano del tutto, entrano in gioco le donne (R. Virgili).

Da Maria ed Elisabetta impariamo anche noi l’arte dell’incontro: la corsa di Maria è accolta da una benedizione. Un vento di benedizione dovrebbe aprire ogni dialogo che voglia essere creativo. A chi condivide con me strada e casa, a chi mi porta un mistero, a chi mi porta un abbraccio, a chi mi ha dato tanto nella vita, io ripeterò la prima parola di Elisabetta: che tu sia benedetto, Dio mi benedice con la tua presenza, possa Egli benedire te con la mia presenza.

Benedetta tu fra le donne. Su tutte le donne si estende la benedizione, su tutte le figlie di Eva, su tutte le madri del mondo, su tutta l’umanità al femminile, su «tutti i frammenti di Maria seminati nel mondo e che hanno nome donna» (G. Vannucci). E beata sei tu che hai creduto. Risuona la prima delle tante beatitudini dell’evangelo, e avvolge come un mantello di gioia la fede di Maria: la fede è acquisizione di bellezza del vivere, di un umile, mite e possente piacere di esistere e di fiorire, sotto il sole di Dio.

Elisabetta ha iniziato a battere il ritmo, e Maria intona la melodia, diventa un fiume di canto, di salmo, di danza. Le parole di Elisabetta provocano una esplosione di lode e di stupore: magnificat. I primi due profeti del Nuovo Testamento sono due madri con una vita nuova, che balza su dal grembo, e afferma: «Ci sono!». E da loro imparo che la fede e il cristianesimo sono questo: una presenza nella mia esistenza. Un abbraccio nella mia solitudine. Qualcuno che viene e mi consegna cose che neppure osavo pensare. Natale è la convinzione santa che l’uomo ha Dio nel sangue; che dentro il battito umile e testardo del mio cuore palpita un altro cuore che – come nelle madri in attesa – batte appena sotto il mio. E lo sostiene. E non si spegne più.

Ermes Ronchi
Avvenire

DOMENICA 19 DICEMBRE ORE 10:

BENEDIZIONE DEL BAMBINO GESU’ PER IL PRESEPE IN FAMIGLIA !


Che cosa dobbiamo fare per trovare la GIOIA ?

III Domenica di AVVENTO

12 dicembre 2021

Credere non basta per vivere riconciliati: credere nell’esistenza di Dio, credere che Dio ci ama può addirittura diventare un’illusione, una sorta di panacea, se ciò non si traduce in qualcosa di pratico, di concreto.  

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.  


Non illudiamoci. Sì, non illudiamoci: non basta emozionarsi per essere felici. In fin dei conti, è ciò che i social media e i programmi televisivi vorrebbero farci pensare: tutto emoziona, tutto commuove. Ma non è così, e le Letture che vengono proposte in questa terza domenica di Avvento ci svelano quali sono, in realtà, le radici della vera gioia.   …

Prepariamo la via del Signore!

II domenica di Avvento

  • 5 Dicembre 2021

Anno C

Letture: Baruc 5,1-9; Salmo 125; Lettera ai Filippesi 1,4-6.8-11; Luca 3,1-6

Una pagina solenne, quasi maestosa, dà avvio a questo Vangelo. Da un luogo senza nome il racconto si lancia fino al cuore dell’impero romano, sconfina dal Giordano fino al trono di Tiberio Cesare. Il Vangelo attraversa le frontiere politiche, sociali, etniche, religiose, per introdurre Gesù, l’uomo senza frontiere, l’asse attorno al quale ruotano i secoli e i millenni, mendicanti e imperatori. Traccia la mappa del potere politico e religioso, e poi, improvvisamente, introduce il dirottamento: nell’anno 15° dell’impero di Tiberio Cesare, la parola di Dio venne… su chi? Sull’imperatore? Sul sommo sacerdote? Su un piccolo re? Su nessuno di questi, ma su di un giovane, un asceta senza tetto, che viveva mangiando il nulla che il deserto gli offriva: insetti e miele faticoso.

La Parola di Dio vola via dal tempio, lontano dalle stanze del potere, e raggiunge un povero nel deserto, amico del vento senza ostacoli, del silenzio vigile, dove ogni sussurro raggiunge il cuore. La parola discese a volo d’aquila sopra Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto. La nuova capitale del mondo è un luogo senza nome, nelle steppe di Giuda. Là dove l’uomo non può neppure vivere, lì scende la parola che fa vivere. E percorreva tutta la regione del Giordano. Portava un annuncio, anzi era portato da un annuncio: raddrizzate, appianate, colmate… C’è del lavoro da fare, un lavoro enorme: spianare e colmare, per diventare semplici e diritti e senza barriere. Quel giovane profeta un po’ selvatico dipinge un paesaggio aspro, che ha i tratti duri e violenti della nostra storia, irta di barriere e burroni, dove ogni violenza apre un baratro da colmare, tronca strade, non permette il cammino degli uni verso gli altri e, insieme, verso Dio. E le strade su cui Dio sceglie di venire sono sempre le nostre strade.

L’ultima riga del Vangelo è bellissima: ogni uomo vedrà la salvezza. Ogni uomo? Sì, letteralmente: ogni donna, ogni anziano, ogni straniero. Dio vuole tutti salvi, e in qualche modo misterioso raggiungerà tutti, e non si fermerà davanti a burroni o montagne, né davanti alla tortuosità del mio passato o ai cocci della mia vita. Ogni uomo vedrà la salvezza: «ogni uomo che fa esperienza dell’amore, viene in contatto con il Mistero di Cristo in un modo che noi non conosciamo» (Gaudium et spes 22). Ogni persona, di ogni razza e religione, di ogni epoca, sotto ogni cielo, che fa esperienza dell’amore, sfiora e tocca il Mistero di Dio. È da brividi la bellezza e la potenza di questa parola. Tu sei in contatto con il mistero, se ami. Ognuno di noi, se ama, confina con Dio ed entra nel pulsare stesso, profondo, potente e generativo, della vita di Dio.

Ermes Ronchi
Avvenire

La colletta della seconda domenica d’avvento dice: “Dio grande e misericordioso, fa che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal cielo ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro Salvatore”. Anche in questa liturgia siamo invitati a camminare e vivere, ma con occhio vigile e cuore libero per non permettere al nostro “fare” quotidiano di rallentare il passo della nostra corsa verso Colui che viene. Vivere le corse di tutti i giorni non nella frenesia che ci fa correre, spesso senza una meta di Vita, ma operare nella sapienza di cercare la comunione prima di ogni cosa per non perdere il senso anche dei piccoli gesti quotidiani. Correre verso di Lui senza perdere l’orientamento e questo avviene solo se lasciamo maturare in noi quella sapienza del vivere che viene dallo Spirito, che si alimenta di famigliarità con la Parola, di partecipazione alla liturgia, di preghiera, per permetterci di non perdere l’orientamento. La sapienza dello Spirito affina il nostro discernimento per scorgere i segni della Presenza.

Il profeta Baruc ci annuncia che è il Signore stesso ad aprire una strada di speranza per il suo popolo aprendo una via nel deserto ai deportati, ridonando una veste di gioia, appianando la via colma di ostacoli “Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio”. Questa Parola di consolazione può non essere facile da ascoltare non tanto per mancanza di fiducia nell’azione di Dio quanto per la presenza di contraddizioni e sofferenze così prolungate da non poter più immaginare qualche cosa di diverso dalla condizione in cui giacciamo da fin troppo tempo. Possiamo percorrere la via della speranza, partecipare alla pienezza della gioia solo lasciandoci plasmare dalla Parola che esce dalla bocca di Dio in un lavoro di demolizione del troppo alto e di riempimento del troppo basso. Vedere la salvezza vuol dire vedere l’azione di Dio nella storia, cogliere che Lui è con noi e dentro tutto ciò che viviamo. A volte è sufficiente cambiare la prospettiva di osservazione del reale per trovare un filo di speranza possibile.

Questo è anche l’annuncio di Giovanni: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”. Attendere la venuta del Signore significa essere disposti a mettere in discussione ogni cosa. I sentieri da raddrizzare non sono solo quelli del male e del peccato, ma anche quelli delle nostre pretese e aspettative che ci impediscono di rimanere aperti, con un sguardo libero per cogliere l’opera di Dio. Proprio nel deserto siamo chiamati ancora ad un ascolto di una promessa, a lasciar uscire il desiderio di vita che grida in noi lì dove niente è più in ordine e tutto ci manca, ma dove Lui viene ad incontrarci. Preparare la via al Signore significa rimuovere gli ostacoli che ritardano o impediscono il suo accesso al nostro cuore. Dio non può entrare dove ci sono i monti dell’orgoglio, dell’arroganza o gli avvallamenti dell’indifferenza e della freddezza, del non senso. Solo in questo lavorio dentro e fuori di noi, ci raggiungerà una libertà nuova che da Dio ci viene donata e che ci permetterà di percorrere la via del Signore che ha fatto grandi cose per noi.

Monastero di Sant’Agata Feltria


Ma Chi è il FESTEGGIATO?

Vi giro una riflessione di un mio amico e collega: ci aiuta a capire il Natale:

Fra poco sarà Natale. Anzi per i mercatini, i commercianti, gli amministratori, i gestori di discoteche è già arrivato. Tutto bello, poetico, necessario: S. Claus, Babbo Natale, gli Elfi, l’albero illuminato, il panettone, le vacanze. Ma sorge un interrogativo dentro di me. Gesù Cristo che cosa c’entra con tutto questo? Chiedo ai bambini di chi è il Natale? Chi festeggiamo? Alcuni di loro, non solo quelli di altre religioni, non sanno rispondere. Uno più sveglio grida: «Ma Don, è evidente è la festa di Gesù». Ma Gesù, chi era costui? Forse, per tanti, è diventato come Carneade di manzoniana memoria. Proviamo in queste poche righe a fare un ritratto di Cristo, Figlio di Dio, consapevoli che tanti artisti, scrittori, registi, musicisti l’hanno fatto meglio di me. Lo faccio con i Vangeli. Perché Natale senza Gesù è come una festa senza il festeggiato. Gesù era un ebreo della Palestina di 2000 anni fa. Alto, robusto, bello se una donna sfidando la folla gridò: «Beato il seno che ti ha portato!». Gesù è un uomo libero che ha un grande progetto: parlare di un Dio amore che ama tutti, che perdona, che ci prepara un Regno di giustizia, di pace, di gioia infinita. Non viene capito. Viene osteggiato dai capi, dai sacerdoti, dai farisei di ieri e di oggi. Anzi l’accusano di bestemmiare facendosi Dio, di essere indemoniato, di essere un mangione ed un ubriacone. Ma Lui non demorde, predica il Vangelo, percorrendo in lungo e in largo quasi tutti i paesi d’Israele con i mezzi di allora. Guarisce, libera dal male, comanda alla natura che gli obbedisce. Incontra tutti, va in casa dei peccatori: Zaccheo, Simone, Maddalena che, affascinati dalla sua proposta, si convertono e lo seguono. Ma Gesù è anche molto duro con chi si serve della religione per i propri interessi, con i farisei che hanno solo una facciata esteriore di religiosità. Una volta, nel luogo più sacro per gli Ebrei, il tempio di Gerusalemme, scaccia i venditori, rovescia i tavoli dei cambiavalute e grida: «Non dovete fare del luogo di preghiera un mercato!». Ci svela il segreto della beatitudine, della felicità: essere umili, pacifici, poveri, misericordiosi, puri e perfino perseguitati a causa sua. Incontra e accoglie quelle persone che la società aveva emarginato, gli scarti, direbbe Papa Francesco: le donne, quante donne nel Vangelo! Sarà proprio a loro affidato l’annuncio della Resurrezione. I bambini, i mocciosi, coloro che contavano poco e spesso disturbavano: «Lasciate che i Bambini vengano a me e se voi non vi farete piccoli come loro non entrerete nel Regno dei cieli». I poveri, i malati, i lebbrosi, sono i suoi prediletti. Soffre molto Gesù per le accuse ingiuste, per le incomprensioni anche dei suoi amici, per le torture, per la infamante morte sulla Croce. Muore giovane, circa 30 anni, ma il terzo giorno il suo sepolcro è vuoto. E’ il più grande big bang della storia. E’ Risorto. Un uomo così non può affascinare anche oggi? Perché non seguirlo come fanno circa 2 miliardi di persone? Questo è il mio augurio ai tanti amici. Buon Natale… così con il vero festeggiato! (Don Piergiorgio Sanchioni)